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SU DI ME

Il punto di vista di Enrico Ristori

« … non c’è nessuno capace di tanta serietà quanto un bambino che gioca! E un vocato all’arte vive l’impegno di conservare con molta cura il fanciullo che è in lui. E si fa beffa del tempo. Questo pensiero accompagna la mia produzione da molti anni e non ha mai smesso di procurarmi stupore felice nell’osservare tanti artisti che vivono con me la bottega. La vicenda artistica di Enrico Ristori conferma fedelmente questa situazione. Lui che ha lambito per decenni la creatività pittorica – della quale è ricco – dedicandosi con eccellenza all’arte del tatuaggio , ha infine rotto gli argini del disegno descrittivo , per accettare la sfida di una realtà parallela estrapolata dal suo ricchissimo mondo interiore. Nelle sue creazioni, soprattutto bambini e adolescenti vivono in atmosfere apparentemente reali e si ribellano al ruolo comodo di un’estetica banale per sfidare l’osservatore, invitandolo ad una introspezione profonda. In questo modo egli utilizza la chiave narrativa di ogni scena con giocosità schietta ma che non manca di rimandi e sottotitoli in analisi psicologiche tutt’altro che semplici. Il suo punto di vista è dal basso : quello che utilizza un bambino nell’osservare il mondo degli adulti, ma lo fa con un rigore che non lascia niente alla casualità. Ed è con questa cifra che Enrico Ristori raggiunge la capacità di guidarci nel suo mondo incantato con l’anima di un fanciullo che strizza l’occhio al mondo dei “grandi”… »

Mario Ferrante (marzo 2023)

 

Su Enrico Ristori in occasione della prima personale presso Extra Factory

« Per chi non conosce Livorno, l’aspetto rude di un corpo tatuato sembra annunciare un carattere violento, forse anche criminale. Invece esiste, oltre alla cultura fisica della voga, del mare e del sole, e tanta spavalderia, anche un lato molto sensibile in questi tipi di marinai, motociclisti e pirati. Arriva il nostro amico, codino di capelli grigi, spingendo il passeggino della sua ultima nata contento come un bimbo al sole.  Spensierato, pieno dei suoi guai, ma pronto a piangere anche per i tuoi. Il lavoro di Enrico Ristori ha una qualità indelebile, sulla pelle ma anche nella memoria di chi guarderà, non senza un vago senso di invidia, le tracce della sua vita notevole. Quale coraggio ci sarà voluto per prendere tante decisioni definitive? Se lo scrittore prova la paura del foglio bianco, e il pittore della tela, come si sentirà un tatuatore di fronte alla pelle, propria o di un’altra persona? Quanto amore per mettere su famiglia, fare figlioli, e ora, di nuovo, la forza di trovare la spinta  per rimettersi in strada e cominciare a dipingere? Prende e parte per Benevento, dove passa giorni e notti (riceve infatti anche la chiave dello studio del suo maestro di elezione, Mario Ferrante) a studiare pittura. Torna, lavora, riparte. Arriva da Extra per l’estemporanea Garibaldi Montmartre, riappare con un ritratto a olio per la relativa mostra differita e si distingue. Poi mette in agenda la prima personale, di getto, un po’ impulsivo. Si trova nel suo lavoro chiaramente la velocità dei suoi progressi, e una direzione molto interessante messa, non a caso, proprio all’inizio del percorso espositivo.»

Venanzio Veronesi (aprile 2023)

 

In occasione dell’estemporanea Montmartre-Garibaldi solo andata 2023

Miracolo. Sulla statua livornese dell’«Eroe dei due mondi», che ora sono «più mondi», si è arrampicato un giovane ragazzo che viene d’oltremare, pieno di energia e così generosamente travolgente nel valore della sua diversità. Portatore di un’autentica ricchezza, se ne sta a cavalluccio sulla statua del monumento in marmo, grato all’eroe che l’accoglie come farebbe un padre, come nell’abbraccio di quel padre (anche lui marmòreo) del “Figliol prodigo” di De Chirico. Garibaldi, confidenzialmente Beppe, è una di quelle scenografiche statue “mozartiane” e “metafisiche”, come quella del “Commendatore” nel “Don Giovanni” o quelle dei “Medici lorenesi” che si guardano tra loro, da lontano, sul Voltóne. Così il teatro è città e la città è teatro. Statue che sembrano prendere vita e proprio come succede in questo caso, ecco che le mani dell’eroe diventano carne  e assicurano l’equilibrio del ragazzo. Il ragazzo stesso gli offre il suo gelato, che sembra un cornetto all’amarena, ma potrebbe essere la suggestione della “fiaccola della Libertà”, quella che svettava in alto, verso un cielo di speranze che tanti migranti, tra cui molti italiani, vedevano dai piroscafi approdando nella lontana America. Questi segni rapidi e nervosi, carichi di energia liberatoria, danno vita a un’immagine fresca e radiosa, come fosse per tutti, ma proprio tutti, una promessa sincera di felicità.

Paolo Parente (giugno 2023)

La Video Intervista a cura del giornalista Enrico Querci

 

In occasione della Mostra «Spontanee Speranze»

Enrico Ristori, sempre più affascinato dalle emozioni umane e dal loro legame con la natura, dipinge opere che raccontano i personaggi del suo mondo. Le sue figure, immerse in scenari quotidiani spesso ambientati dall’amato elemento marino, alternano momenti di riflessione e introspezione. La sua tecnica pittorica, densa e materica, si distingue per pennellate vigorose e un uso del colore sempre più consapevole, che gli consente di esprimere non solo i suoi pensieri, ma anche quelli di chi gli gravita intorno. Con grande sensibilità, Ristori invita l’osservatore a riflettere su ciò che accade nel mondo. Le atmosfere delle sue opere spaziano dalle intense e quasi meditative scene notturne, a momenti di pace e contemplazione, fino a situazioni di grande dinamismo e movimento. Ogni opera sembra sospendere il tempo, permettendo al soggetto di immergersi non solo nella natura e nell’ambiente circostante, ma anche nei propri pensieri, che finiscono per diventare quelli di chi osserva.

Fabrizio Razzauti (settembre 2024)

In occasione della Mostra «Mythos e logòs…»

ll Museo MATT – Museo Archeologico Territoriale di Terzigno, con la sua forte identità, vuole essere centro di cultura vivo e non solo memoria. Assumendo un ruolo di polo attrattore nei confronti del territorio e della collettività, attraverso un rinnovamento continuo della propria offerta culturale. Non mero contenitore quindi, ma luogo di incontro, di confronto e di dialogo, oltre che di conoscenza e quindi di crescita. Da un po’ di tempo a questa parte Il museo Matt riesce ad essere sempre più punto di riferimento nell’ospitare eventi e appuntamenti d’Arte e di cultura di notevole entità. È il caso anche della Mostra “Mythos e logòs. Tra la favola e il razionale, tra Pompei e Livorno ripetuti tentativi di umanità” dell’Artista livornese Enrico Ristori, aperta al pubblico dal 24 ottobre al 21 Novembre 2024. Ed è con molto piacere che ospitiamo nelle sale del Museo la mostra di Enrico Ristori, un artista sempre più affascinato dalle emozioni umane e dal loro manifestarsi, che si distingue per dipingere opere che raccontano i personaggi del suo mondo e del suo tempo, ma le sue figure, immerse in scenari quotidiani spesso inquieti, alternano momenti di riflessione e introspezione. Ho molto apprezzato la sua tecnica pittorica, densa e materica, che si distingue per pennellate vigorose e un uso del colore sempre più consapevole, che gli consente di esprimere non solo i suoi pensieri, ma anche quelli di chi gli gravita intorno. Nelle sale al piano terra e al primo piano, le opere dell’artista ben si collocano nel contesto di un confronto serrato con i tesori riemersi dalle Ville Romane di Terzigno, segnando in maniera duttile e versatile il percorso visivo, che oscilla tra il passato e il presente, tra l’antico e il moderno, rimbalzando tra mythos e logòs, tra favola e razionale e tra Pompei e Livorno, creando quel legame atemporale che sospende e lega al contempo.

 Angelo Massa – direttore scientifico MATT (ottobre 2024) 

 

In occasione della Mostra «Mythos e logòs…»

Realizzato il meraviglioso sogno di riportare i tesori di Terzigno nello straordinario scrigno della cultura vesuviana, ho sempre immaginato di dare al Museo Matt quel tocco di dinamicità che lo rendesse unico. Ed è per questo che ho accolto sempre ben volentieri richieste di mostre che mettessero in risalto opere di artisti contemporanei in un sito di rara bellezza intrinseco di una storia ultra millenaria che la comunità di Terzigno ne va finalmente orgogliosa e fiera. Dal 2019 non si contano più gli eventi culturali ed artistici che hanno riempito l’ex mattatoio. È di questi giorni il riconoscimento di “interesse regionale” dell’attrattore di via Einaudi avvenuto con delibera della Giunta guidata dal Presidente De Luca. Un premio al lavoro svolto dalla mia amministrazione che ha basato sin dall’inizio la sua azione politica sui temi culturali e turistici consapevole delle enormi potenzialità inespresse del territorio. Dopo nove anni possiamo con orgoglio rivendicare di aver tenuto fede al programma presentato nel 2015. Ci prepariamo ad accogliere con enorme soddisfazione le opere dell’artista Enrico Ristori, con la preziosa cura di Elisabetta De Feo, che sapranno ben conciliarsi con gli affreschi che illuminano con il proprio splendore i quattro ambienti del Museo. Ancora una volta felice, soddisfatto e riconoscente per il lodevole lavoro svolto dal direttore Angelo Massa e dal dott. Gabriele Di Napoli.

 Francesco Ranieri – sindaco di Terzigno (ottobre 2024)

 

In occasione della Mostra «Mythos e logòs…»

La mostra di Enrico Ristori Mythos e logòs. Tra la favola e il razionale, tra Pompei e Livorno ripetuti tentativi di umanità è da considerarsi un approccio innovativo e un metodo capaci di fornire strumenti per un’indagine tesa alla ricerca di riposte – che non saranno mai univoche – rispetto ai tanti interrogativi epistemologici e atavici dell’umanità. Il titolo stimola immediatamente la necessità di associare reale e razionale a ciò che è invece fantastico e mitologico; di unire ciò che si può facilmente descrivere e ciò che è invece più intimo e sfiora le corde dell’emotività. In queste opere l’artista mette in evidenza tanto la contrapposizione e quanto la complementarietà dei termini Mythos (racconto, narrazione di racconti ritenuti veri e sacri) e Logòs (nella filosofia greca classica ha due significati, ‘pensiero’ e ‘parola’, che si raccolgono in uno: il pensiero è come un discorrere interiore secondo ragione, la parola è l’espressione o manifestazione del pensiero, che si concretizza proprio nel suo esprimersi). Il mito deve narrare i racconti, le gesta, le verità sottintese da secoli, senza dimostrarle e in maniera quasi dogmatica. Il logòs. attraverso il pensiero e la parola rende concreto un pensiero che nelle opere di Ristori ricorrendo ad un approccio favolistico può essere vissuto anche come un racconto fittizio e interpretabile da più punti di vista. Gli interrogativi dell’uomo volti a se stesso e agli atri uomini non trovano risposta ed Enrico Ristori neanche ha la pretesa di cercarla, sicuramente però ne tratteggia la magia, la sospensione, il mistero, attraverso i colori, in un assortimento cromatico che assurge a “velo di Maya” che anziché nascondere la realtà delle cose vuole quasi proteggerla. Se portato via il velo rivela la realtà delle cose così come esse sono, avvalorando e assecondando quel rito che simboleggia l’appagamento del bisogno di conoscenza, la ricerca di una verità assoluta, o quanto meno unica, percettibile. Nel caso di Ristori il “velo” è importante proprio perché resta, non per occultare una realtà, ma per proteggere l’intimità dei soggetti raffigurati e per donare dimensione favolistica e ideale a quelle risposte da cercare nella dimensione metafisica o religiosa, inseguendo il libero viaggiare della mente degli esseri umani (e.g. Proteggo il tuo ricordo come un sospiro di lucciola). L’idea della protezione emerge senza mistero come trama da individuare in alcune opere che l’autore offre con gioiosa generosità e spirito di condivisione attraverso gesti e abbracci che cercano amore, pace e rassicurazione (Osserva, ragiona e solo dopo reagisci, Ascolta la nostra pace, Hermes e Dionisio Bambino). Nell’osservare le opere pittoriche di Enrico Ristori si colgono la capacità dell’immaginazione e il legame con la tradizione, il folklore, ma anche con le credenze popolari che seppure senza forza scientifica parlano per milioni di anni (Cassandra). Ritroviamo il conflitto tra ragione e istinto, tra sensibilità e freddezza di giudizio, fragilità e forza, paura e bellezza nel tempo che scorre inesorabile e nulla risparmia (E’ sott’acqua che ascolto battere il mio cuore, Orologio di luce scandisce il tempo). Nel corso dei secoli l’umanità non ha smesso mai di rantolare nelle proprie incertezze, di vacillare per i propri dubbi, di cedere alle sopraffazioni del potere economico, del progresso. Nonostante tutto però una risposta agli interrogativi primordiali non c’è. Resta strisciante la nostalgia per il passato, la voglia di riviverlo, la necessità di proteggersi dagli altri perché la società non è sempre benigna, nella necessità di lottare sempre anche contro se stessi (Non era un ring, era il ring e Pargoletta mano – China -) L’artista dunque riesce ad offrire una prospettiva diversa dalla quale è possibile porreglistessiinterrogatividisemprerendendoliaddiritturaeterni,un’angolazione nuova che non da ovviamente alcuna risposta ma pone lo stesso problema da un altro punto di vista. Riaffiora allora il tema del malessere sociale, il topos della solitudine dell’uomo come modus vivendi e schema libertario, ma anche come sofferenza e disagio sociale. La solitudine non è sempre un’imposizione o una condizione: essa può essere vista come una scelta, un modo personale per vivere momenti diretti con le cose che si amano e con la natura. La solitudine è anche il luogo in cui raccogliere le idee per costruire, per creare, per immaginare un mondo diverso, un mondo nuovo non sempre realizzabile, attraverso strade non sempre percorribili (Non avere nessun orpello quando è l’anima che parla, Te e lei, un voi che è un solo s; Nella ruga di un sospiro il riposo del tuo Te bambina, De no…studiaci; Come Nettuno re dei miei mari; Stasera no). Le figure femminili sono tratteggiate con delicatezza e ammirazione con lo sguardo di un artista che osserva la donna donandole una dimensione letteraria e volti sempre nuovi nonostante i riferimenti alla tradizione (IL riposo della menade, la baccante) fino a celebrarne la capacità di preservare e ricreare il mondo, come nella Statua in bronzo, in un abbraccio universale. E’ forse proprio questo il mondo che Ristori vuole restituire al visitatore dopo averlo accompagnato in una rincorsa verso il sogno impossibile di giustizia ed equità sociale, verso un mondo senza confini, delineato da colori che si alternano danzando meravigliosamente in uno spazio senza fine, senza tempo. A metà tra favola e realtà.

 Dott.ssa Maite Iervolino (ottobre 2024) 

In occasione della Mostra «Mythos e logòs…»

“Mythos e Logòs. Tra la favola e il razionale, tra Pompei e Livorno, ripetuti tentativi di umanità” è la Mostra dell’Artista Enrico Ristori aperta dal 24 ottobre al 21 novembre al Museo MATT di Terzigno. Mito e parola. Favola e Razionale. Pompei e Livorno: quanti ripetuti tentativi di umanità esistono, sono esistiti, esisteranno? Quali nessi, legami, affinità o contrasti esistono, sono ricercabili e si possono evidenziare? Perché una mostra deve mostrare o nascondere. Parlare o essere decifrata. Fare domande e avere risposte o porre solo interrogativi sospesi. L’Artista si muove dribblando nozioni e concetti del passato che si uniscono al presente, seguendo una linea di continuità e possibilmente un fil rouge da seguire senza perdere l’equilibrio. Una linea non retta ma tortuosa, segnata a terra o sospesa. Come può essere sospesa l’umanità nel suo agire universale ed eterno, laddove i pensieri rincorrono azioni, che mutano, cambiano, si evolvono ma che poi sono sempre gli stessi. Dunque alla mutazione corrisponde l’immutabile secondo l’artista. Perché? Perché sui pannelli permanenti esposti nelle sale del museo, non sono applicati solo muri affrescati provenienti dagli antichi e raffinati ambienti delle ville realmente esistite e ritrovate intatte nel tempo, ma esistono e vibrano le anime di chi quei luoghi li ha vissuti, abitati e riempiti con i propri palpiti di vita. Enrico entra in quelle case, in quegli ambienti, in quelle ville e incontra l’umano che li imprime e, a sua volta, scopre gli stessi protagonisti che poi si impossessano delle sue tele. Ma le linee cominciano a vibrare, i colori tremuli sporcano, imbrattano corpi e si identificano come topos, hanno dunque un’identità, un codice, un’appartenenza, che non è quella dell’avatar, del metaverso, o peggio ancora della proiezione del Sé, ma sulle tele compaiono esseri umani, corpi che contengono emozioni e sentimenti, che si agitano sulla tela, al punto da sembrare di voler venire fuori, fuori da uno spazio atemporale. Così nella pittura concettuale di Enrico, scopriamo e intravediamo l’irrequietezza, l’incontenibile versione del non identificato o identificabile, perché le emozioni, i sentimenti, non si palpano ma si percepiscono. Nelle sue tele vi è questa percezione. Nella sua pittura vibra l’essere e il non-essere insieme, e negli innumerevoli contrasti e reazioni si muove il nostro artista, che non sfugge a chiedersi quanto di allora c’è oggi, nel presente, nel contingente. La realizzazione di questa prima Mostra in Campania del nostro Artista Enrico Ristori intende andare a fondo della comprensione, per indagare la relazione tra il passato e presente, tra i ripetuti tentativi di umanità. Tra Pompei, ai cui prossimi confini territoriali sorge Terzigno, e Livorno, patria dell’Artista, la linea geografica si avvicina. Magicamente e irrimediabilmente le due terre si ritrovano a confinare, pur essendo a 578 KM di distanza, ma la distanza si annulla perché Pompei e Livorno sono vicine, confinano, si accostano, e ognuna ricade nell’orbita dell’altra. Hanno gli stessi umani ripetuti tentativi di esistenza. Così la “Menade danzante sul Pontino” vivrà nella sala 4 dove si colloca la ricostruzione del Triclinio. Come la Menade danzante di Skopas (del 330 a.C.) anche la menade del nostro artista si contorce, non all’indietro ma in una torsione più sostenuta ma altrettanto nervosa e attorcigliante, perché in preda alla frenesia e invasata da Dioniso. Può esserci corrispondenza, dunque, tra la gente di Pompei e la gente di Livorno, e ancor più tra la gente del 330 a.C., del 79 d.C. e del 2024. Così si annullano i confini del tempo, i confini dello spazio, i confini dell’umano. Nella selezione delle opere esposte, abbiamo voluto rielaborare un tracciato di continuità, che restituirà agli ospiti il senso di appartenenza, trovandosi a far parte di due mondi, di due linee temporali, di due contesti nel simultaneo, nel presente e nel contingente. Chi osserverà – ammirato- le testimonianze del passato, non potrà sentirsi estraneo e estraniato dal percepire le opere dell’Artista, perché una sfuggevole dimensione di appartenenza c’è, esiste, accoglie e accorda calorosamente il passato al presente. Nelle opere dell’Artista, le immagini deformate, gotiche, per certi versi appartenenti al misterioso e all’oscuro, provocheranno un senso di disagio, di fastidio – se vogliamo- nel visitatore, ma non al punto da voltarsi. Al contrario, quelle opere costringeranno l’ospite, il visitatore, il fruitore, a osservarle, a guardarle, a indagarle, fino a sentirsi risucchiato dall’opera stessa, così come si sentirà risucchiato dal passato e dall’antichità. Le citazioni all’indecifrato, che in tanta letteratura cinematografica ha fatto scuola e definisce un filone (ricordiamo Vanilla Sky a cui l’opera di Ristori “Cassandra” – a mio modesto parere- riporta), sono frequenti nelle opere del nostro Artista, e senza dubbio confondono, ma rimangono familiari. L’intensità cromatica ne rafforza la carica emotiva e la consolida, senza infastidire o strafare, ma nella giusta dose riequilibrano la mobilità dei contorni, che non si definiscono proprio perché nella dimensione umana del sensoriale, non esiste nulla di definito. La Mostra regala, dona, concede gratuitamente un senso di appagamento, di consapevolezza e di arricchimento. E come spesso accade nelle personali di Ristori, che non hanno un vero termine di fine, ci si ritrova a portare a casa un pezzo di quel mondo. E dare così continuità.

 Elisabetta De Feo – curatrice della Mostra (ottobre 2024)